tratto dalla

TESI DI Silvia Maria Vizio:

"LA VALORIZZAZIONE DELLA PERSONA ANZIANA IN CASA DI RIPOSO ATTRAVERSO L'INTERVENTO ANIMATIVO:UNA STRATEGIA COMPLESSA"

 - CORSO DI QUALIFICA ANIMATORE SOCIALE -

ENAIP LOMBARDIA - ANNO 1998


 

La logoterapia è nata grazie agli studi e all'esperienza di vita di Viktor E. Frankl, psichiatra dell'Università di Vienna.

Egli ha inteso dare un significato alla vita umana e ha maturato le sue teorie nel proprio dolore, avendo vissuto la terribile esperienza di Auschwitz e riuscendo a sopravvivervi; addirittura, "grazie" a quegli anni, egli arrivò a sostenere che l'uomo possiede in sé la capacità di fronteggiare le più tremende situazioni di angoscia e dolore. La logoterapia (Frankl parla anche di analisi esistenziale), è innanzitutto una profonda meditazione sul significato dell'esistenza umana, ponendo l'accento sulla parte spiri-tuale di essa. Afferma Frankl: "L'analisi esistenziale estende l'analisi alla totalità dell'uomo, la quale non è soltanto psicofisi-ca, ma anche spirituale. E questo aspetto è da essa in-dagato in tutta la sua profondità inconscia. In questo senso, merita anch'essa la qualifica di "psicologia del profondo"". Se, tuttavia, noi ci raffiguriamo l'elemento spirituale, in contrapposizione a quello psicofisico, l'analisi esisten-ziale appare come l'opposto della cosiddetta "psicologia del profondo"; quest'ultima dimentica, infatti, che il suo opposto non è una "psicologia di superficie", ma una "psicologia dell'altezza". Non è semplice riassumere la teoria logoterapica in poche righe , a causa della sua complessità e delle ramificazioni che ha sviluppato; essa si può definire come una rifles-sione sull'essere uomo, incentrata sulla spiritualità.


Due dei concetti fondamentali espressi da Frankl sono i seguenti:

1) "Non siamo noi a doverci interrogare sul senso della vita: siamo noi ad essere interrogati, siamo noi chiamati a rispondere alle domande che la vita ci pone. E siamo in grado di rispondere a tali interrogativi vitali vivendo con responsabilità la nostra esistenza."

2) "Il significato ultimo supera la nostra facoltà di comprensione; in una parola, si tratta di un sovrasignificato, ma non nel senso di qualcosa di soprasensibile. In esso noi possiamo - e dobbiamo - solo credere. E anche se in maniera inconscia, ognuno di noi vi crede in ogni caso."

La teoria logoterapica, allora, per prima cosa ci pone davanti a una grande realtà: nelle vite di ogni persona che ci troviamo di fronte, anche in chi sia devastato dai casi peggiori di demenza, possiamo, se non scoprire, almeno intuire, un significato. Alcuni punti fermi della teoria di Frankl riguardano la definizione di autodistanziamento e autotrascendenza: il primo è inteso come "… la caratteristica capacità dell'uomo di operare un distanziamento da se stesso, di guardarsi dal di fuori, opporsi a se stesso e perfino ridere di sé". Ciò risulta di grande importanza per sviluppare il senso dello humour, che quindi è strettamente correlato all'autodistanziamento; la tecnica logoterapica, perciò, tende ad aiutare l'individuo con i mezzi che egli possiede. Per quello che riguarda l'autotrascendenza, Frankl afferma: "… l'esistenza umana è caratterizzata profondamente dalla sua autotrascendenza. Una tale espressione indica lo stato antropologico fondamentale secondo cui essere uomo vuol dire rivolgersi verso qualcosa che sta oltre se stesso, che è diverso da se stesso. Qualcosa o qualcuno: un significato da realizzare o una persona da incontrare. E solo nella misura in cui l'uomo in tal modo si trascende, realizza se stesso: nel servire una causa o nell'amare una persona! In altre parole: l'uomo è propriamente tale solo quando si apre ad una cosa, quando si dona ad una persona. Diviene se stesso solo quando si dimentica."

Questi concetti sottolineano l'intenzionalità dell'essere umano, che tende verso la trascendenza e sente un forte richiamo a divenire ciò che non è ancora. Le due capacità fanno sì che l'essere umano trovi in sé le energie per allontanarsi da se stesso e dirigersi verso gli altri.

In logoterapia, si utilizza l'autodistanziamento nel metodo dell'intenzione paradossa, e la capacità di autotrascendenza nel metodo della dereflessione.

Per "intenzione paradossa", Frankl intende la stimolazione al desiderio contrario: la persona viene aiutata a desiderare proprio quello che teme, usufruendo della propria capacità di autodistanziamento. Per meglio spiegare questo concetto, Frankl parte dal "meccanismo di ansietà anticipatoria", che viene spiegato dallo stesso autore nel modo seguente: "Un dato sintomo evoca, da parte del paziente, l'aspettativa, piena di timore, che una certa cosa possa succedere. Il timore, tuttavia, tende sempre a far accadere precisamente ciò che è temuto e, nello stesso modo, l'ansietà anticipatoria è soggetta con una certa probabilità a far scattare ciò che il paziente con tanto timore si aspetta che succeda. Si viene così a formare un 'circolo vizioso' che si sostiene da sé". Continuando la trattazione sull'ansietà anticipatoria, definita anche 'ansia di attesa', Frankl afferma: "... il paziente reagisce ad un dato sintomo con la paura che esso possa ripetersi, con l'ansia di attesa quindi. Da tale ansia di attesa consegue che il sintomo si ripresenta realmente. Un tale accadimento non fa che rinforzare il paziente nella sua originaria paura". "…il sintomo produce una corrispondente fobia; la fobia rafforza il sin-tomo; il sintomo così rafforzato non fa che conso-lidare tanto maggiormente nel paziente lo stato fobico".

Da questo stato di cose, consegue che la persona tende a fuggire le situazioni che portano ansia. L'intuizione di Frankl si esprime nel modo seguente: se essa, invece di fuggire o di lottare contro le proprie paure, riesce a desiderarle, il timore scompare. Per meglio spiegarsi, si può dire che la persona deve comprendere di non essere un tutt'uno con le proprie emozioni, ma di poterle fronteggiare e dominare.

Elisabeth Lucas, per esplicitare il concetto, presenta il seguente esempio:

"Supponiamo che un paziente abbia una grande paura di svenire in ascensore. Con l'impiego dell'intenzione paradossa, egli deve salire in ascensore con il fermo desiderio di avere un collasso. Constaterà che quanto più intensamente tenta di svenire, tanto meno ne sarà in grado". Come si può notare, il principio è assai semplice, mentre meno facile è la sua applicazione: è essenziale applicare nel procedimento l'autodistanziamento, vale a dire il senso dell'umorismo, e, come dice Frankl, "cogliere il lato comico delle cose"! Per aiutare la persona a compiere questo passo, l'operatore stesso deve saper vivere l'umorismo e l'ironia, senza dare l'impressione alla persona che intende aiutare di ridere "di" lei, ma "con" lei, usufruendo di tutta la propria sensibilità. Questa teoria può essere applicata in molti casi; è divertente ricordare un'esperienza della Lucas, che meglio spiega il tutto, come ella stessa racconta: "Non dimenticherò mai l'esercitazione con l'ascensore fatta con una mia paziente al Municipio di Kaiserslautern, alto più di venti piani. Questa signora aveva una terribile paura di ascensori, scale a chiocciola, funivie e sottopas-saggi lunghi e rimbombanti; temeva di sentirsi male e di avere le vertigini, di non riuscire più a respirare e di cadere priva di sensi... Prima di salire in ascensore la pregai di svenire spesso, possibilmente una volta per ogni piano, cioè in totale venti volte (?!). Le promisi di farla rinvenire ogni volta rapida-mente in modo da non farle perdere l'occasione di svenire di nuovo al piano successivo (?!). 'Se saliamo venti piani, vogliamo sperimentare venti svenimenti; tutto deve essere fatto con un certo ordine!'... Questa espressione umoristica servì a scacciare subito una parte della paura iniziale, quanto ba-stava perché la donna affrontasse il nostro esperi-mento terapeutico. Quando superammo il primo piano mi mostrai delusa per il fatto di vederla ancora in piedi; non era quello che avevamo concordato (?!). Arrivate al secondo piano scossi la testa con impazienza e dissi che doveva affrettarsi per rispettare il programma di svenimenti; al quinto piano cominciai a ricordarle, arrabbiata, che mi aveva promesso almeno uno svenimento e che ora doveva mantenere la parola data... dal decimo piano la incalzai a cercare con ogni mezzo di sudare almeno un po'… la paziente uscì dall'ascensore all'ultimo piano... sorridente... Già lo stesso giorno la paziente riuscì, completamente da sola e senza il mio aiuto, ad andare su e giù sana e salva con l'ascensore del municipio". Un ulteriore consiglio è che l'interessato, inizialmente, ripeta più volte con l'operatore le formule paradossali, per poi dargli modo di applicarle da solo.
 


L'altra metodica proposta da Frankl, come è stato anticipato, è rappresentata dalla dereflessione.

Nella vita di ognuno accade di avere momenti in cui si è soggetti a disturbi temporanei, che, per lo più, sono considerati normali e non vengono degnati di particolare attenzione. Può, però, succedere, che qualcuno affronti questi eventi come veri e propri problemi, tanto da cercare di superarli, forzando la situazione, ma ottenendo solo di trovarsi maggiormente invischiato. Per esempio, questo si verifica quando una persona che soffre di insonnia si sforza di addormentarsi, ma finisce per essere sempre più sveglia… Per superare la situazione, Frankl propone il metodo della dereflessione, che si basa sul concetto di intenzionalità. Nella pratica, si tratta di aiutare la persona a eliminare l'eccessiva attenzione su di sé, per sottolineare altri aspetti: perché sia efficace, tuttavia, non basta "distrarsi", ma occorre accentrare l'attenzione su qualcosa di positivo. Inoltre, poiché lo scopo ultimo della tecnica è di distogliere l'attenzione della persona dal presunto problema, è importante che l'operatore non si soffermi troppo a dare spiegazioni preliminari.

Come dice la Lucas, "… se il paziente pensa - Ah, adesso dovrei prestare attenzione a questo per non pensare ancora a quello! -, l'effetto desiderato scompare, perché il paziente ha pensato di nuovo… a quello!". Ecco perché, nell'applicazione della dereflessione, il logoterapeuta deve utilizzare una grande umiltà, inventiva e flessibilità, per riuscire anche a improvvisare e sperimentare. E' anche possibile attuare una situazione paradossale, in modo che la persona, che si aspetta di essere aiutata per il proprio problema, viene invece guidata a fare proprio l'opposto: in questo modo, si comprende come l'intenzione paradossa e la dereflessione siano strettamente correlate. Per esplicitare quanto affermato, ecco un altro esempio: se una persona trova difficoltà ad addormentarsi, gli si dirà di occupare il tempo facendo un lavoro gravoso, e cercando, quindi, a tutti i costi di farlo restare sveglio. Un'ulteriore tecnica, applicabile sia alla metodica dell'intenzione paradossa, sia alla dereflessione, è la cosiddetta "prescrizione del sintomo": in altri termini, si dice al soggetto di mantenere il sintomo, che è per lui fonte di disturbo, visto che ciò risulta importante per una corretta diagnosi. Se, nello sforzo di mantenere vivo il suo problema, la persona, al contrario, vedrà che esso è scomparso, il terapeuta non dovrà congratularsi, ma, anzi, insistere che egli continui la strategia consigliata. Tuttavia, può accadere che, col tempo, nell'interessato appaiano altri sintomi concomitanti: è per questo che, a riguardo di tale teoria, la discussione rimane aperta.

Per terminare la trattazione sulla dereflessione, viene ora riportato uno schema in cui Elisabeth Lucas, nel suo libro "Dare un senso alla vita" (Cittadella Editore - Assisi -1983), indica la procedura d'azione:

1) Prima di procedere all'intervento, viene chiarito alla persona il nesso fra il suo disturbo e la tendenza all'iperriflessione, sottolineando che tale tendenza può essere eliminata attraverso il comune impegno del terapeuta e del soggetto.

2) Il terapeuta propone "…di cercare insieme dei contenuti su cui si potrebbe e dovrebbe indirizzare l'attenzione del paziente", concordando un elenco di alternative, che siano sufficientemente appaganti.

3) Il soggetto viene spinto a compilare una lista scritta di tali alternative, fino all'incontro successivo. Nel caso che egli incontri delle difficoltà, l'operatore lo aiuta, attraverso il dialogo, offrendo spunti e idee.

4) Una volta che sia compilata la lista, viene detto al soggetto che egli deve sperimentare tutte le proposte; questa richiesta deve essere posta come propedeutica alla terapia vera e propria. Una volta che venga attuata l'alternativa, l'individuo deve valutarne l'effetto, secondo una scala di punteggio predeterminata. In questo modo, la persona, non rendendosene conto, inizia a dimenticare il problema iniziale.

5) Tutto questo trattamento deve essere portato avanti per circa due settimane, in cui il processo di dereflessione continua.

6) Una volta completata la sperimentazione delle alternative, e dopo che siano state individuate le più gratificanti, il terapeuta può mettere a conoscenza il soggetto che egli possiede, ormai, un'arma efficace per fare fronte alla tendenza all'iperriflessione, e, quindi, la terapia non è più necessaria. Nel caso che egli ricada nel problema, gli si suggerisce di ricorrere ad alternative diverse e maggiormente gratificanti. Con tale metodologia, si è però constatato che le ricadute sono minime, e che il soggetto è portato a migliorare la propria qualità di vita.

 


Per concludere la presentazione della Logoterapia, cosa non facile, vista la complessità della tecnica, riporto uno schema di riferimento, presentato da Ferdinando Brancaleone, nella sua opera "Logos - significatività esistenziale e comunicazione terapeutica", in cui l'autore fornisce consigli anche pratici per l'applicazione della teoria.

L'intervento logoterapico si esplicita in quattro stadi fondamentali:

1) Stadio introduttivo o di preparazione.

L'intervento logoterapico non ha tanto lo scopo di fare luce sul passato, quanto di utilizzare le proprie potenzialità per migliorare il proprio stato di vita. Perciò, assume grande importanza la capacità di stabilire rispetto e comprensione tra terapeuta e soggetto: per realizzare questo, occorre, quindi, conoscere da vicino non solo i dati clinici della persona, ma anche le sue esperienze, gli hobbies, gli interessi. Dopo avere verificato le aspettative sull'intervento, viene stilato il contratto terapeutico, circa gli obiettivi del lavoro che si va ad iniziare. La "logoanalisi coscienziale" permette di portare a livello cosciente ciò che è restato a livello subliminale, cioè implicito. La "logodinamica subliminale" aiuta l'individuo a essere ricettivo verso sistemi alternativi, stimolando un processo di ricerca interna.

2) Stadio di verifica o analisi esistenziale.

Nella seconda fase, il terapeuta è volto essenzialmente a valutare significati, valori e scopi del soggetto. La verifica della congruenza permette di fare ordine nel sistema VSS, eliminando progressivamente incongruenze e stimolando valori e scopi alternativi. Tramite la "logodinamica subliminale" e la "logoanalisi coscienziale", la persona riorganizza le proprie mappe mentali, usufruendo a fondo delle proprie potenzialità. Dal punto di vista logoterapico, si considererà di avere ottenuto dei risultati solo quando il soiggetto avrà affrontato il processo di revisione e riorganizzazione: ecco perché la logoterapia può intendersi come un processo di riapprendimento e riorganizzazione. In questa fase dell'intervento, il terapeuta tenderà anche a stimolare l'impegno dell'individuo, affinché egli concretizzi nel quotidiano quanto si è originato nel suo interno. Per "Logoterapia specifica" si intende un intervento che voglia ricondizionare la genesi e la fenomenologia del disturbo, centrando l'attenzione su sintomi precisi e specifici.

3) Stadio strettamente psicoterapeutico.

Nella prassi, il secondo e terzo stadio possono spesso risultare connessi, tanto che, a volte, il terzo stadio può precedere il secondo: tutto dipende dagli obiettivi e dalle modalità di contratto. All'interno dello schema, infatti, è possibile muoversi con grande elasticità. In questo stadio, può essere utilizzato qualsiasi strumento psicoterapeutico che sia ritenuto utile al miglioramento; ciò, però, richiede una preparazione accurata, evitando l'approssimazione. Nel caso dell'animatore, è indispensabile una consulenza specifica, soprattutto nel campo delle tecniche aggiuntive.

4) Stadio conclusivo o di ratifica.

In questo ultimo stadio, vengono identificati e valutati i cambiamenti intervenuti: alcuni soggetti sono in grado di riconoscere in prima persona l'evoluzione subita; altri devono invece essere guidati in tale processo. La diluizione, nel tempo, delle sedute, permette anche questa evoluzione, oltre a favorire l'autonomia dal terapeuta. Tuttavia, è importante che, anche dopo la conclusione del rapporto terapeutico, l'operatore si dimostri disponibile nei confronti del soggetto trattato.


Per portare a compimento il discorso sulla logoterapia, occorre fare alcune considerazioni finali: questa tecnica risulta utile sia all'educatore- animatore in prima persona, sia agli anziani in generale. Per applicarla nella pratica, in ogni caso, è necessario un ulteriore approfondimento, rispetto a questa breve introduzione. E' assai interessante, comunque, sottolineare come essa rappresenti un nuovo modo di guardare alla vita, oltre i singoli problemi e fobie: questa metodologia offre un grande appoggio quotidiano. Anche se, in alcuni aspetti, può sembrare che la sua applicazione necessiti di una guida altamente professionale, essa, invece, come è stato accennato, è utilizzabile da ognuno di noi, indipendentemente dalla formazione psicoterapica di base. Soprattutto nel caso dell'anziano in generale, e dell'ospite di un istituto in particolare, questa teoria è utile per riconciliare la persona con se stessa e far vedere i problemi della sua condizione come momenti dell'evoluzione della vita; essa offre anche l'appoggio per riconciliarsi, in un certo senso, con se stessi e con le parti del proprio passato che ancora incombono e offuscano una visione positiva del presente, pur nelle sue limitazioni. Anche l'animatore e, più in generale, l'operatore sociale, che si trova spesso ad affrontare momenti di scoraggiamento e di crisi, in cui è portato a riconsiderare tutto il suo cammino lavorativo e, a volte, le sue caratteristiche personali, può imparare a vedere i problemi sotto un'ottica diversa, trovando un modo nuovo per superare gli ostacoli della propria vita privata e professionale.